A breve, venerdì 8 e sabato 9 aprile, la Filharmonie sarà impegnata in due repliche del concerto intitolato al ‘700 musicale/01. Questo appuntamento è il terzo della rassegna Prospettive2022, con la quale si vuole accompagnare il pubblico in un momento di transizione fino alla nuova stagione.
Questa occasione segna inoltre l’inizio di una collaborazione con il Centro Studi Luigi Boccherini di Lucca, con il fine di avviare un lavoro di approfondimento e riscoperta del repertorio musicale dell’epoca.

Le due date si svolgeranno in due luoghi differenti: la replica di venerdì 8 aprile, ore 21, avrà luogo presso la Chiesa dei Servi a Lucca, mentre quella del giorno successivo, sabato 9 aprile ore 21, avverrà presso il Teatro Niccolini di San Casciano in Val di Pesa. I due eventi sono organizzati rispettivamente con la collaborazione di Animando – Centro di promozione musicale e del Comune di San Casciano in Val di Pesa.

 

Qualche giorno fa, in vista di questi eventi, ho avuto il piacere di fare una chiacchierata col direttore d’orchestra Giulio Arnofi, una persona sicuramente ricca di idee e pronta a lanciarsi nelle diverse sfide del mondo musicale, che lo scorso gennaio ha accettato di diventare anche il direttore artistico della Filharmonie.
In questa intervista Giulio ci racconta con grande passione quali sono le sue idee da direttore d’orchestra e quali le sue visioni per la Filharmonie da direttore artistico.

GA: Giulio Arnofi
FP: Felicita Pacini

 

FP: Il concerto dell’8 aprile (con la replica il 9 aprile) è il primo di due eventi dedicati da La Filharmonie al Settecento musicale. Qual è il tuo punto di vista da direttore d’orchestra sul programma di queste serate? Quali sfide hai dovuto affrontare e su quali aspetti ti sei concentrato durante la preparazione di questi brani?
GA: Affrontare il Settecento musicale significa confrontarsi sia con autori italiani che con autori stranieri, ma i compositori più conosciuti ed eseguiti sono quest’ultimi. Per cui, il programma vedrà una sinfonia di Mozart e un concerto per violoncello di Haydn. Abbiamo però voluto aggiungere un po’ d’Italia a questo programma ed assieme al direttore del Centro Studi Boccherini di Lucca, Marco Mangani, abbiamo concordato di eseguire la Sinfonia di Boccherini in re maggiore G496. Non è uno dei brani più eseguiti dell’autore ma possiede delle caratteristiche molto particolari e credo valga la pena, di tanto in tanto, riscoprire repertori inusuali. È chiaro che nell’affrontare il secondo Settecento musicale – siamo negli anni Settanta del Settecento – bisogna tenere presente l’aspetto musicologico e filologico, così da poter proporre un’esecuzione storicamente informata. Attraverso lo studio dei trattati dell’epoca possiamo ricostruire tutte quelle tecniche e modi di interpretare che venivano utilizzati allora, tra i più famosi quello per violino di L. Mozart, quello per flauto di J. J. Quantz o quello per tastiera di C. P. E. Bach. Il concerto verrà eseguito con strumenti moderni, d’altra parte, sono sempre più convinto che al giorno d’oggi, il repertorio del ‘700 non debba per forza essere eseguito su strumenti antichi, opinione condivisa anche da Marco Mangani con il quale mi sono confrontato sul tema. Dagli anni Ottanta del ‘900, c’è stata un a ricerca incessante della “giusta” esecuzione e quasi un approccio ossessivo alla prassi esecutiva. Oggi credo che ci stiamo finalmente avvicinando un buon compromesso, che ci permette di ricercare il modo più corretto di eseguire una pagina musicale di un dato periodo storico, ma ci concede anche la libertà di filtrare l’esecuzione attraverso gli occhi della nostra epoca. D’altronde chissà come realmente eseguivano questi brani!

 

FP: Riguardo alla divulgazione della musica cosiddetta classica e al tuo impegno per promuoverla – sappiamo che, tra le altre cose, sei impegnato come segretario artistico nel Lerici Music Festival – cosa pensi che questo repertorio abbia ancora da comunicare ai giovani di oggi?
GA: La divulgazione della musica è una tematica che mi sta molto a cuore, così come in generale quella della cultura, dalla Mesopotamia a Pasolini, dalla letteratura alla pittura, dalla scultura alle arti teatrali. Per poter parlare di divulgazione musicale non possiamo ignorare il fatto che la musica classica, almeno in Italia, non ricopre il degno ruolo che meriterebbe, come invece avviene per la letteratura o la pittura. Basti pensare che la commissione nazionale italiana per l’UNESCO ha presentato ufficialmente solo da pochissimo (marzo 2022) la candidatura dell’opera lirica ad entrare nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità! La musica classica sembra arrivare sempre ultima tra le arti: lo notiamo anche dal tipo campagne di comunicazione che le istituzioni musicali solitamente scelgono di adottare, abbastanza giurassiche.
La Filharmonie è molto sensibile a questo tema e svilupperà sempre più progetti per avvicinare ed interessare nuovi pubblici a questo straordinario patrimonio; la divulgazione per noi sta anche nel proporre spettacoli multidisciplinari che più facilmente coinvolgono i pubblici poco avvezzi a questo linguaggio.

Giulio Arnofi

FP: Questo concerto segna anche l’inizio di un percorso di approfondimento sul repertorio del Settecento italiano in collaborazione con il Centro Studi Boccherini di Lucca. Quali opportunità credi che possano nascere da questa collaborazione?
GA: Questo concerto segnerà la prima collaborazione con il Centro Studi Boccherini che trova il suo focus, non solo nell’autore dal quale prende il nome, ma nel Settecento musicale italiano in generale. È una collaborazione preziosa per La Filharmonie, perché lavorare a stretto contatto con un’istituzione musicologica significa avere la possibilità di confrontarsi con studiosi, professori e ricercatori che si “sporcano le mani” nei manoscritti, nelle lettere e in tutta quella storiografia essenziale agli interpreti di oggi. L’inizio di questo percorso insieme permetterà alla Filharmonie di riscoprire compositori e pagine musicali ad oggi sconosciuti, non con il retorico obiettivo di collezionare prime esecuzioni ma con la curiosità di scoprire musica tanto apprezzata all’epoca ed oggi scomparsa dai programmi. Questa è una delle sfide che ci siamo preposti e dalla quale speriamo possa scaturire l’incisione di un CD dedicato a alcune perle musicali del Settecento musicale italiano.

 

FP: Oltre al ruolo di direttore d’orchestra, da poco hai anche accettato di entrare a far parte de La Filharmonie come direttore artistico. In quali direzioni ti piacerebbe si muovesse La Filharmonie nei prossimi anni dal punto di vista artistico?
GA: Ciò che mi ha entusiasmato e spinto ad accettare questo incarico è stata l’idea di poter lavorare con un complesso strumentale giovanile – come definito dal ministero della cultura – che per elasticità di organico e per freschezza delle menti (under 35) permette di dare vita a molti e vari progetti. La Filharmonie è inoltre una grande opportunità per i musicisti che ne fanno parte perché possono trovarvi un momento di passaggio, durante il quale fare esperienza professionale, dagli studi in Conservatorio all’arrivo in orchestre importanti, dal Maggio Musicale Fiorentino al Teatro alla Scala, alle orchestre estere. È importante che la Filharmonie faccia delle attività su più fronti: uno dedicato alla professionalizzazione dei propri musicisti, proponendo quindi repertori interessanti, stimolanti; l’impegno per riuscire a costruire delle stagioni e delle attività che riescano ad abbracciare quelle “fette di mercato” che le altre istituzioni musicali del territorio non raggiungono, raggiungono in parte o non hanno interessa a raggiungere; la programmazione, attraverso produzioni sinfoniche, di musica da camera, di teatro musicale, balletti ed opere, che abbraccino un ampio e diverso repertorio.
Ne abbiamo visto un esempio durante il concerto di apertura della stagione 2022, durante il quale è stata eseguita la prima italiana di un compositore nord- europeo, A. Hillborg, e il concerto di S. Barber per violino anch’esso abbastanza sconosciuto in Italia. Un’altra linea di intervento sarà quella dedicata alla didattica e un’altra ancora ai progetti fuori regione. Questo permetterà all’orchestra di farsi conoscere, ascoltare e apprezzare anche al di fuori della mura regionali.

 

FP: La tua bacchetta di direttore d’orchestra si è impegnata con diverse realtà musicali sia italiane che estere, dall’orchestra laVerdi di Milano alla Kosovo Philarmonic Orchestra. Hai trovato delle differenze significative tra l’Italia e gli altri paesi nel modo di fruire la musica?
GA: Ogni orchestra ha le sue peculiarità, sia dal punto di vista professionale che umano. Ci sono diversi aspetti che possono essere coincidenti o divergenti, però, in linea di massima, la cosa più stimolante quando si dirigono diverse realtà orchestrali è riconoscere nei musicisti lo stesso entusiasmo nel confrontarsi con nuove idee e nuovi stimoli provenienti da un direttore, magari di diversa nazionalità e cultura. Per quanto riguarda il pubblico, mi piace pensare che l’emozione non abbia nazionalità e che se si è bravi a trasmetterla tutti insieme non importa dove ci si trovi o che orchestra si stia dirigendo, l’emozione arriverà e per qualche ora potrà avvicinarci tutti.

Articolo di Felicita Pacini

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