UNA PAROLA PER MILLE MUSICHE

La parola di marzo e aprile: FOLLIA E VISIONI

Prossimo appuntamento: sabato 1 maggio

Il celeberrimo Lied di Schubert entra a pieno titolo nel tema “Visioni e follia” che la rubrica affronta in questo periodo. La ballata narra infatti una vicenda che si dipana tra realtà e fantasia, tra necessità pratica e contatto col mondo misterioso e violento della natura. La potenza del testo goethiano viene sublimata dal genio musicale del compositore, appena diciottenne, che grazie al potere della musica crea un commento sonoro capace di rendere il senso profondo della vicenda, ponendo domande, instillando dubbi ed elevando la musica ad un livello connotativo che coinvolge – e sconvolge – l’ascoltatore.

Ma procediamo per gradi: Erlkönig (trascritto anche come Erlkoenig), ossia Il Re degli Elfi, è una ballata scritta nel 1782 da Johann Wolfgang von Goethe, e fa parte dell’opera conosciuta come Die Fischerin. “Erlkönig” non è, come potrebbe sembrare, un nome tedesco.”Erl” può richiamare il fuorviante significato di ontano, ma la spiegazione, forse anche leggendaria, è da ricercarsi nella fonte di Goethe: Johann Gottfried Herder, autore della traduzione dal danese di un’opera conosciuta come Erlkönigs Tochter. Herder avrebbe tradotto male il nome originale del protagonista (Ellerkonge), non riportando così l’esatto significato (re degli elfi) in tedesco.
La ballata prende spunto da un fatto realmente accaduto: Goethe apprese infatti da un giornale la notizia di un bambino gravemente malato che il padre aveva portato con sé in una precipitosa cavalcata notturna per i boschi, diretto verso il vicino villaggio nel tentativo di salvargli la vita; il bambino, in preda a una fortissima febbre, dice di vedere l’Erlkönig (“Siehst, Vater, du den Erlkönig nicht?”) il Re degli Elfi che lo chiama a sé. Il padre si rende naturalmente conto delle condizioni disperate del figlio, ormai in preda al delirio. Ma una volta giunti a destinazione, il bimbo è già morto tra le sue braccia. La ballata ha una struttura molto regolare che si basa sul principio dell’imitazione barbara dei piedi della metrica classica: vengono ricreate le misure metriche con il principio accentuativo. Il giambo della metrica greca e latina, piede di ritmo ascendente formato da una sillaba breve e da una lunga, viene reso con l’alternanza di sillaba atona seguita da sillaba tonica. Un ideale metrico classico riletto con prosodia barbara, unito all’idea popolare della recitazione a memoria agevolata dall’uso di rime baciate.

Moritz Von Schwind- Erlkönig

Serve ricordare che la forma del Lied (musica vocale da camera su testo in tedesco, profano e d’autore, ispirato all’immaginario della tradizione popolare) è la cifra stilistica per eccellenza della stagione romantica. Il ribaltamento di prospettiva estetica permette la rivendicazione della forma frammentaria – ridotta e agile – del Lied, che conquista pari dignità delle grandi forme. La ballata oggetto della nostra semplice trattazione si presenta dunque strofica e Goethe – uomo del ‘700 – si aspettava una prosodia che aderisse pedissequamente alla struttura del testo. Schubert si rifiuta di comporre per strofe: mantiene un grande rispetto della prosodia, ma al fine di non creare un andamento cantilenante, costruisce una vera e propria drammaturgia musicale, assecondando lo sviluppo narrativo della vicenda. L’idea che si potesse costruire una drammaturgia con una sola voce e pianoforte era incomprensibile per la mentalità settecentesca di Goethe.

Poeticamente il testo può essere letto come un manifesto-apoteosi dello Sturm und Drang, ma anche, come affermava Brecht, è possibile intravedervi l’inizio del distacco dal pensiero del movimento stesso: la natura, misteriosa e violenta, non può essere razionalizzata e l’incomprensione dei suoi fenomeni può avere esito catastrofico. La difficoltà di poter leggere univocamente il testo e le numerose interpretazioni che se ne possono trarre, si dipanano proprio grazie all’accompagnamento musicale di Schubert, attraverso la straordinaria capacità di gestione compositiva che si esprime nella sfaccettata resa delle quattro istanze presenti: il narratore onniscente, che in ultima battuta riconosciamo nel compositore stesso, il padre, il figlio e il re degli elfi.

Il Lied è in modo minore e lascia spazio al modo maggiore solo nell’intervento del re degli elfi, rendendo musicalmente quell’afflato menzognero e viscidamente attraente che caratterizza il personaggio. Risorsa formidabile che Schubert esprime con una plasticità melodica spontanea e sinuosa. La struttura formale è ben presente ma è gestita in maniera tale che non viene colta: all’ascoltatore giunge l’effetto drammaturgico, epico e manovrato dal narratore. Il pianoforte non è solo un sostegno alla melodia, è il luogo dove la musica esprime tutto ciò che le parole non riescono a descrivere. Prendo in prestito le parole di Calvin S. Brown che descrive magistralmente l’incipit

Quale può essere lo spirito di fondo di tutta la poesia, in grado di sostenere in modo appropriato i mutamenti d’atmosfera e il crescere della tensione nel succedersi dei vari interventi dei personaggi? Sarà il senso di rapidità e di urgenza che si manifesta in una corsa convulsa, piena di ansietà. Sarà quindi un’idea di moto, traducibile in termini musicali; e in effetti le prime tre battute dell’introduzione pianistica fissano quello che sarà lo sfondo dell’intera composizione (…)La frase che compare alla mano sinistra contribuisce a creare questo effetto, anche se non sempre viene usata. In qualche modo suggerisce l’idea del vento, forse ne è persino un’imitazione, ma va ben oltre e serve in effetti come tema generale per indicare il cattivo auspicio. Può scomparire, come talvolta accade, in momenti di calma relativa, ma riappare ogniqualvolta aleggi il senso della fatalità incombente. Insieme, la pulsazione ritmica e questo tema della sventura, forniscono quasi tutto il materiale usato per comporre uno degli accompagnamenti più efficaci ed impressionanti mai scritti… In questo modo viene spianata la strada alla domanda con cui inizia il testo: «Cos’è questa corsa affannosa?» [Calvin S.Brown, Musica e letteratura. Una comparazione delle arti, a cura di Emilia Pantini, Lithos, Roma 1996, pp. 121-123]

Lungi da affrontare un’esaustiva analisi musicale, quello che preme è individuare il valore della musica che trascende dal mero vestito di accompagnamento per mostrare quello che esploderà con l’evolversi del movimento romantico, ossia il potere della musica strumentale. Attraverso delle emersioni evidenti di esempi estrapolati, comprendiamo come questo gioiello non sia solo incastonato in una parure ma ne sia il diamante più brillante. Lo schema ritmico dell’incipit, con note ribattute in terzina, oltre a rendere l’effetto della galoppata, l’azione dunque, è incalzato da un inciso melodico dalla forte connotazione ritmica che, grazie anche alla sua riconoscibilità immediata, dipinge l’atmosfera inquietante che caratterizza la storia. Una sorta di refrain, una cellula microtematica che sensorialmente aggancia l’ascoltatore al di sotto del flusso ritmico per coinvolgerlo nella crepa che si apre tra la narrazione superficiale e la potenza dell’aspetto visionario e misterioso della vicenda. Potere che solo la musica strumentale può permettersi di esprimere in maniera così profonda e – permettiamoci un gioco di senso, dato che stiamo argomentando di musica che accompagna un canto – assoluta, come proprio in quel periodo storico stava affermando la filosofia di Schopenauer.

 

Altro aspetto di potente coinvolgimento sonoro è l’uso dell’ampiezza dell’onda. In Schubert convergono due esigenze dinamiche di contrapposizione del piano e del forte, una di natura pratica e una di natura estetica: ad esempio quando entra il canto, il pianoforte deve essere in pianissimo, per agevolarne la comprensione. Ma il padre si rivolge sempre in piano al figlio, al fine di rassicurarlo e mostrare – seppur solo esteriormente – tranquillità e sicurezza. Mentre il figlio si esprime in forte, per comunicare tutta la sua paura e angoscia. A noi resta l’immagine incisiva di uno scambio che trasmette i ruoli e le rispettive sensazioni, immerse in una scena drammatica dal coinvolgente aspetto pratico, ovvero calata in una vorticosa cavalcata notturna. Anche il re degli elfi si presenta in un primo intervento in ppp e con un tono suadente, sostenuto da un diverso ritmo dell’accompagnamento, un ritmo di danza che possiamo riconoscere in un länder accelerato. Gestione profonda e magistrale di dinamica, ritmo e delle modulazioni che caratterizzano soprattutto la parte finale, in cui Schubert si ispira al teatro musicale, fondendo poiesis e mimesis in una ballata romantica drammatizzata con elementi mimetici. Sappiamo che il re degli elfi ha colpito il bambino uccidendolo, non tanto perché ce lo dice la vittima (“Erlkönig hat mir ein Leids getan”), né perché lo annuncia il narratore nella frase finale, ma piuttosto grazie alla musica, che invece di rappresentare lo svolgimento narrativo, attualizza concretamente ed efficacemente il verbo (hat getan). Il compositore ricrea una sintetica scena operistica rivestendo la voce del ruolo di recitativo, ma creando una sfasatura con l’accompagnamento: la linea vocale esegue una cadenza sospesa, mentre il pianoforte conclude con una cadenza perfetta.

Si può suggerire che nella musica di Schubert la parola è diventata mortalmente attiva: in questo modo la ballata di Goethe perde il carattere lirico generale che, secondo il poeta, si dovrebbe sempre conservare nel mettere in musica un Lied, e si trasforma in tragedia.

Una delle versioni più note dell’Erlkönig è l’interpretazione di Dietrich FischerDieskau, forse punto di riferimento assoluto. Ma da segnalare l’interessante cortometraggio animato realizzato da Jeremy Hamway-Bidgood per la versione del tenore Daniel Norman accompagnato da Sholto Kynoch, visibile su Youtube. Per una carrellata sulle interpretazioni segnalo la puntata del 20/04/2020 della trasmissione La Barcaccia, in onda su RadioTre, riascoltabile grazie al podcast su RaiPlayRadio, in cui, col tipico taglio caustico ed ironico ma indubbiamente appassionato e preparato, vengono presentate svariate incisioni del Lied.

Articolo di Marco Gallenga

#1parolax1000musiche

I nostri consigli di ascolto a portata di un click

Su Youtube

 

La cultura vive grazie a te: fai una donazione per sostenere il nostro lavoro.

Dona qui
ti è piaciuto l'articolo?

Iscriviti alla newsletter per continuare a seguirci