la Sinfonia Fantastica di Berlioz: capolavoro visionario e romantico
di Felicita Pacini
UNA PAROLA PER MILLE MUSICHE
La parola di marzo e aprile: FOLLIA E VISIONI
Prossimo appuntamento: sabato 24 aprile
Hector Berlioz nacque nel 1803 a La-Côtè-Saint-André e fin dall’età di dodici anni cominciò a comporre musica. Condusse un’esistenza tipicamente romantica, appassionata e tormentata, e l’ultimo periodo della sua vita fu segnato da tristi eventi, come la morte prematura di diverse persone a lui care, che lo addolorarono molto. La sua genialità spicca sicuramente attraverso le opere da lui composte, ma si può ricordare anche l’attività di critico musicale – con cui cercò di sostenersi economicamente – e, soprattutto, la pubblicazione del Grande Trattato (1843) sull’orchestrazione, un’opera che rimane fondamentale nel suo genere. Morì a Parigi l’8 marzo 1869.
I più grandi musicisti dell’epoca non furono concordi nel valutare la sua produzione: Schumann, Listz, Paganini e altri lo consideravano un genio della musica, mentre Saint Saëns e Mendelssohn non erano dello stesso parere. Quest’ultimo addirittura definì “incredibilmente disgustosa” la Sinfonia Fantastica,il capolavoro di Berlioz. La severità di questo giudizio si può comprendere tenendo presente che le composizioni di Mendelssohn, pur essendo anch’egli un romantico, si possono accostare più a Mozart che all’estetica visionaria e rivoluzionaria dell’autore di cui ci occupiamo.
Pur muovendosi ancora all’interno dello stile sinfonico classico-beethoveniano, Berlioz rivisitò profondamente questo genere musicale inserendovi un’ampia descrizione programmatica e preannunciando, in un certo senso, la fortunata stagione che avrebbe vissuto di lì a poco il genere del poema sinfonico.
La Sinfonia Fantastica op. 14 fu composta da Berlioz nel 1829-1830, a soli ventisette anni, e ha come sottotitolo “Episodio della vita di un artista in cinque parti” e la dedica allo zar Nicola I di Russia. La prima esecuzione avvenne il 5 dicembre 1830 al Conservatorio di Parigi ed ottenne un grande successo a livello internazionale. L’organico orchestrale della Sinfonia presentava alcune novità rispetto all’orchestra d’epoca classica: troviamo, per esempio, quattro timpani, un clarinetto piccolo tra i legni, due tube tra gli ottoni, una sessantina di archi e ben quattro arpe. Per l’ultimo movimento erano richieste perfino delle campane da chiesa. “Un’immensa composizione strumentale di un genere nuovo, con cui cercherò di impressionare fortemente gli ascoltatori”, così Berlioz presentava la sua stessa opera.
La situazione esistenziale che fa da sfondo a questa composizione fu la delusione che Berlioz ricevette dall’amore non corrisposto per l’attrice irlandese Harriett Smithson. Questa condizione, potremmo dire, fu la sua prima fonte di ispirazione. Il programma della sinfonia è il seguente: un giovane musicista, stravolto dalla sua passione amorosa, si avvelena con l’oppio. La quantità che assume non lo uccide, ma lo fa precipitare in un sonno visionario. La sua amata si trasforma in una melodia che, come un’idea fissa, egli riascolta ovunque. Il primo movimento, intitolato “sogni, passioni” si apre con un largo seguito da un allegro agitato e appassionato assai. Qui il protagonista ricorda i tormenti della sua anima, in cui si alternano momenti di gioia e di impeto passionale ad altri di rabbia e gelosia. Nel secondo tempo, durante un festoso “ballo” a ritmo di valzer, il musicista rivede l’immagine dell’amata e ne rimane turbato. Il terzo movimento, “scena campestre”, descrive una sera d’estate tra i campi e il mormorio delle fronde scosse dal vento. Il musicista ascolta un canto di pastori, il suo cuore si calma ma ancora riappare la melodia dell’idea fissa. È il tramonto e in lontananza si ode un rullo di timpani come un brontolio di tuono. Il quarto movimento, “marcia al supplizio” è un allegretto ma non troppo. Il giovane sogna di aver ucciso l’amata e di essere stato condannato a morte. Il corteo che lo accompagna al patibolo avanza al ritmo di una marcia lugubre e solenne, al termine di questa, riappare l’idea fissa – un ultimo pensiero amoroso per l’amata – bruscamente interrotta dal colpo fatale. La sinfonia si conclude con il “sogno di una notte di Sabba” in cui il protagonista si ritrova dentro un vortice di ombre, figure mostruose, streghe e stregoni, in una ridda infernale riunitasi per celebrare il suo funerale. La musica evoca lamenti, grida, risate in lontananza. Riappare l’idea fissa: è l’amata, presente anche nel sabba, ma trasformata in un triviale ritmo di danza – qui si riconosce il timbro acuto del clarinetto piccolo – che si confonde con l’orgia infernale. Si ode il rintocco delle campane che suonano a morte e la sinfonia termina con una burlesca parodia dell’antica sequenza gregoriana del Dies irae.
Ascoltando la Sinfonia Fantastica, potrete anche non tenere presente il programma tale è la ricchezza della musica, l’originalità delle melodie, la genialità delle atmosfere create. In questa sinfonia risiede l’essenza romantica di Berlioz in cui vita e arte si sovrappongono e si mescolano, ne è un esempio il tema dell’amata identificabile con Harriet Smithson. Lo stesso uso dell’idée fixe, che viene richiamata continuamente nei diversi movimenti, fu un originale e innovativo mezzo espressivo.
La Symphonie Fantastique rimane il capolavoro più rappresentativo della produzione di Berlioz e un manifesto dello stile romantico nella versione Sturm und Drang.
Articolo di Felicita Pacini
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