UNA PAROLA PER MILLE MUSICHE

La parola del mese: NASCITA

Prossimo appuntamento: sabato 26 dicembre

Prima di tracciare l’evolversi del tema del Natale nella musica dell’Otto e Novecento, dobbiamo fare alcune considerazioni di carattere generale. Quale funzione si prefigge un’opera musicale che ha come tema il Natale? Sicuramente non più la funzione liturgica dell’Oratorio di Bach, delle laude e dei gregoriani. Dall’Ottocento in poi, parallelamente alla sempre crescente secolarizzazione della società, il Natale cambia volto: da una festività cristiana avanza verso un generale ideale di bene e di amore. Si potrebbe anche pensare all’idea hegeliana della morte dell’arte, secondo cui quest’ultima perde la sua funzione di manifestare l’Assoluto, ed è caratterizzata maggiormente dall’espressione individuale dei singoli artisti. Come tutti i cambiamenti storici, certamente si tratta di un mutamento che si manifesta nella lunga durata, ma che si può rintracciare chiaramente nelle musiche che andremo a descrivere.

La maggior parte delle opere dell’epoca moderna che hanno come soggetto il periodo natalizio consistono di brani di breve durata, che spuntano nella produzione del compositore come un unico momento di curiosità verso questo tema; fanno eccezione le opere dei compositori di musica sacra del Novecento, come Arvo Part e Olivier Messiaen. Per chiarezza espositiva possiamo parlare di queste opere suddividendole in tre categorie caratterizzanti: favola, ispirazione popolare, ispirazione da canti antichi. Alcune opere sfuggono a questa categorizzazione, come le opere corali di Max Reger e Johannes Brahms. I testi di questi brani sono poetici; nel caso dei Deutcher geistliche Gesange di Max Reger il testo si riferisce chiaramente all’avvenimento della nascita di Gesù, mentre i due brani di Brahms intitolati Nachtwache – cioè ‘veglia notturna’ – richiamano solo un’atmosfera di attesa con il «sussurro di voci angeliche». Entrambi discendono dalla tradizione corale della Germania e, per questo, anche dai corali di Bach; mentre nella forma musicale ritroviamo una certa affinità con il passato, nel contenuto il significato religioso pare svanito.

Il Natale cambia volto celebrando un ideale del Bene e dell’Amore

La prima parola intorno al quale legare la musica ispirata al Natale è ‘favola’: il regno del miracolo e della fantasia. Conosciamo tutti il racconto intitolato Canto di Natale di Charles Dickens, dove la dimensione religiosa della festa è completamente sostituita dall’avvenimento di un miracolo fantastico, cioè l’apparizione dei tre spettri capaci di trasformare un uomo cattivo, chiuso in se stesso. Il Natale, capace di far diventare il mondo più buono, diventa miracolo. Ne è un esempio il famoso balletto di Tchaikovsky. Lo Schiaccianoci è fino ad oggi un’opera che ci rapisce e ci porta con sé nel mondo della fantasia delle danze russe e degli oggetti incantati. Il suo successo permane ed è tale che anche Duke Ellington, uno dei padri del jazz, lo riprende; egli, nel suo Nutcracker Suite, ha saputo cogliere l’incantesimo dell’Ottocento e l’ha trasformato in una favola propria della cultura moderna.

Alcune composizioni natalizie riprendono la tradizione del folklore. E’ il caso di un volkslied (canzone popolare) di Brahms intitolato ‘Natale’, mentre il compositore ungherese Béla Bartók scrive due cicli pianistici ispirati alle colinde, canzoni natalizie dei pastori rumeni. Queste composizioni sono frutto delle ricerche etnomusicologiche condotte dal compositore ungherese, dalle quali scaturiscono numerose sue opere; per quanto il tema dei canti sia chiaramente l’attesa del Natale, in questo caso probabilmente non si trattò di comporre appositamente per questa festività, ma di utilizzare le melodie per trarre ispirazione musicale.

Numerose sono le composizioni dell’Otto e Novecento che riprendono corali, laudi e gregoriani natalizi. Ad un primo ascolto queste opere sembrano quasi anacronistiche in quanto spesso non integrate nel linguaggio novecentesco; sembrano quasi rivestite da un’aura sacrale, al di fuori dell’avvenire storico. Si tratta, per esempio, dell’opera corale Veni, veni Emmanuel di Zoltán Kodály, basata su un inno latino che risale al Medioevo. La stessa melodia ha ispirato L’Adorazione dei magi di Ottorino Respighi. Questa composizione fa parte dell’opera Trittico Botticelliano, e in quanto tale è il commento musicale di un quadro del pittore fiorentino. Come descrivere meglio l’arrivo dei magi da Gesù se non ispirandosi ad una nota melodia natalizia, rendendola con maestria grazie alla penna del compositore la cui orchestrazione magistrale – l’inno latino affidato ai legni – si dipana anche in questa composizione.

Respighi compone anche Lauda per la natività del signore, opera di più ampio respiro. Essendo la poetica del compositore italiano particolarmente caratterizzata dalla ripresa di tecniche compositive proprie della musica antica, la composizione riecheggia fugati e madrigali. Il compositore inglese Benjamin Britten scrive invece variazioni sul corale ‘God, rest ye merry, Gentlemen’, intitolate Men of Goodwill. Mentre anche qui si può percepire chiaramente la matrice ispiratrice del brano, cioè il corale, il compositore fa delle scelte ben più audaci di un semplice arrangiamento coralistico, propri della sua poetica novecentesca. Uno dei compositori più autorevoli del Novecento, Stravinkskij, riprende e trascrive invece un corale natalizio di Bach, non apportando a questo quasi nessun cambiamento stilistico; qui è chiaro che il tema del Natale è quasi casuale, e il compositore probabilmente era più interessato alle strutture proprie del corale bachiano.

Foto scattata durante il concerto Trittico Botticelliano di Respighi suonato dall’Orchestra la Filharmonie e diretto da Nima Keshavarzi. 

Video proiezioni di Paolo Moretti (2019)

Un altro compositore che segna l’evoluzione del linguaggio musicale del Novecento è Arnold Schönberg. Il compositore intorno agli anni Venti scrive già sotto il segno della dodecafonia, ma nel 1921 compone anche Weinachtsmusik, il suo arrangiamento per ensemble cameristico di un corale tedesco di Preatorius. Si tratta di una composizione non dodecafonica, bensì caratterizzata da un linguaggio musicale romantico che allora apparteneva già al passato. Mi piace pensare a questo brano come ad un momento dove la storia – l’incessante progresso delle tecniche e delle invenzioni moderne spesso troppo cervellotiche – si ferma lasciando spazio ad una musica dove tutto si schiarisce nella semplicità. Forse, non senza qualche nostalgia del passato, quest’opera, con più efficacia di altre, rappresenta il ricordo armonioso della serenità della notte di Natale.

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