I suoni dell’arcobaleno teologico di Olivier Messiaen
di ANNA FARKAS
UNA PAROLA PER MILLE MUSICHE
La parola del mese: NASCITA
Gennaio, nuovo mese nuova parola: TRADIZIONE
Prossimo appuntamento: sabato 02 gennaio
Se dopo il precedente articolo ci siamo forse posti la domanda su cosa sia divenuto il Natale per la nostra generazione post-moderna smarrendoci nella miriade di correnti elencate, nel presente articolo vedremo un’opera del Novecento che, pur composto con tecniche moderne, è frutto dell’amore e della fede per il mistero del Natale. Si tratta della Nativité du Seigneur di Olivier Messiaen, opera di notevole dimensione e complessità scritta per organo; possiamo concepire l’opera come una meditazione intorno a nove quadri della storia della natività di Gesù, come gli angeli, la Vergine e il Bambino, i Magi.
Messiaen (1908-1992) è uno dei compositori più influenti del Novecento. La sua classe di composizione ed analisi al Conservatoire di Parigi vede come allievi Pierre Henry, Boulez, Xenakis, Stockhausen, Murrail, Grisey. Egli partecipa ai Ferienkursen di Darmstadt, il laboratorio principale dei compositori dal 1946 i quali, trovandosi nella condizione favorevole di poter ricominciare dall’inizio (Stockhausen), determinano lo sviluppo della musica contemporanea. Messiaen è dunque uno dei pionieri della nuova musica ed il suo lavoro è fonte d’ispirazione per coloro che sono sostenitori del serialismo integrale; ma ad un confronto anche non particolarmente approfondito con gli altri esponenti della nuova Avanguardia, il suo linguaggio musicale ci appare del tutto diverso, nonostante egli condivida tecniche simili con i colleghi.
Messiaen è profondamente cattolico e concepisce la sua musica come vocazione di esprimere la cosa più importante, la verità della fede cattolica. Sarà organista dell’Eglise de la Sainte-Trinitè dall’età di ventidue anni; l’assistere alla liturgia quotidiana darà vita ad un gusto per la lenta osservazione e meditazione intorno ai misteri della fede e ovviamente da questa sua occupazione scaturiscono i suoi cicli organistici, tra i quali anche la Nativité. Anche il suo interesse per la correlazione tra il suono e il colore, o la sinestesia, è relazionabile al tempo che ha passato in chiesa; la luce filtrata dalle vetrate policrome gotiche si fondeva con il suo organo ed egli componendo immagina un colore, una sfumatura per ogni accordo – continuando la sempre francese tradizione debussyana.
Conoscere Messiaen e la sua visione della vocazione della musica è necessario per apprezzare la cattedrale sonora da lui creata. Nativité du Seigneur è un’opera importante e significativa, oltre per il significato religioso, anche per l’uso sistematico delle invenzioni compositive da lui create, quelle che renderanno il suo serialismo così personale. In questa opera organistica utilizza per la prima volta numerose innovazioni ritmiche, come i ritmi canonici, il pedale ritmico, o il ritmo non-retrogradabile. Altre forme ritmiche li fa derivare dallo studio dei ritmi dell’Antica Grecia e da quelli hindù, come la particolare tecnica della composizione con i valori aggiunti: la possibilità di variare il ritmo con l’aggiunta di una semicroma a tutte le note, rendendo così la pulsazione instabile. Sempre in Nativité sistematizza l’uso dei suoi modi (sistema scalare che divide l’ottava) a trasposizioni limitate; questi in totale sono sette. Il primo e il secondo sono più tradizionali – si tratta della scala esatonica e di quella ottofonica (già impiegata da Scriabin) – mentre i modi successivi contengono i più svariati gruppi di suoni simmetricamente organizzati. Questi modi sono a ‘trasposizione limitata’ perché non è possibile trasporli a tutte le altezze in quanto daranno sempre la stessa successione di note. Come esempio, si possono indicare alcuni momenti molto chiari dell’uso dei modi in Nativité du Seigneur; possiamo osservare proprio all’inizio l’uso della prima trasposizione del secondo modo, e nel quarto movimento, la quarta trasposizione del terzo modo mentre il finale chiude con la seconda trasposizione del secondo modo.
Dentro questi tecnicismi e calcoli compositivi c’è però un atteggiamento opposto, se vogliamo, alla maggior parte dei compositori moderni; questi acclamano la ragione dell’uomo in quanto capace di trasformare e creare, mentre Messiaen sviluppando le sue tecniche sottolinea proprio il contrario: l’impossibilità dell’uomo di cambiare ciò che è eterno. Questo è dunque il motivo dello sviluppo dei modi a trasposizioni limitate e del ritmo non-retrogradabile, che applicano orizzontalmente la stessa impossibilità di essere sviluppati che i modi (e accordi derivati) operano verticalmente – come spiega il compositore nel V. capitolo del Tecnique de mon langage musical. Questo fascino per le cose impossibili è la metafora dell’uomo che
«vive e agisce nel tempo frapposto fra l’eternità che si trova prima e dopo di lui» (Messiaen).
Grazie a questa parte tecnica sopra descritta, è chiaro che la ‘religiosità’ delle opere di Messiaen va molto oltre all’ispirazione ad un tema biblico; il rapporto con Dio è viscerale ed intimo, è ciò che definisce non solo il suo comporre ma tutta la vita del compositore. Quale testimonianza più forte, del suo Quator pour la Fin du Temps, composto in un campo di prigionia, che anziché denunciare l’assenza di Dio richiama alla sua presenza?
Spendiamo ancora qualche parola intorno a Nativité du Seigneur, ora che abbiamo delineato la poetica e le tecniche compositive di Messiaen. I nove movimenti che compongono il ciclo organistico rappresentano simbolicamente i nove mesi di gravidanza della Vergine. La festività dell’atmosfera natalizia è resa particolarmente dal sesto movimento dedicato agli angeli, scritta solamente per i registri acuti dell’organo imitanti il triangolo nella mano degli angeli che ci conducono alla culla di Gesù Bambino. Il primo movimento La vierge et l’enfant è gioioso e spensierato come il movimento seguente, dedicato alla compartecipazione dei pastori alla gioia della nascita; Messiaen sembra di citare un pastorale che risuona dal registro del clarinetto. Il terzo movimento intitolato il Disegno eterno è un momento di raccoglimento sereno in attesa dell’evento che sta per compiersi; si tratta di una musica dilatatissima, dove due pagine di musica vengono eseguite in sei minuti. Dopo questi tre movimenti improvvisamente ci sveglia la determinatezza del quarto movimento: La Verbe, il ‘verbo di Dio che si è fatto carne’, il fulcro del mistero del Natale. Questo sarà dunque il movimento più lungo, più importante. La voce di Dio, trionfante ed affermativa, annuncia il Verbo solennemente all’inizio del movimento (pedali dell’organo); lo stesso disegno compositivo si osserverà nell’ultimo movimento Dieu parmi nous (Dio in mezzo a noi), dove la voce di Dio si mischia con quella celeste, degli angeli. Un tema apparentemente non natalizio, quella dell’accettazione delle sofferenze della vita umana, è il tema del settimo quadro Jésus accepte la souffrance, particolarmente aspro, desolato e doloroso. Nel pedale, che interviene quasi dialogando con i manuali all’inizio del movimento, sembra quasi di ritrovare il motivo della croce; questo è scritto per il registro fagotto a 16’ (registro grave e scuro) e ciò fa sì che percepiamo a malapena le note tendenti a fondersi nella nostra percezione in un suono aperiodico, somigliante al rumore – lo spettro del destino che attende Gesù.
L’opera è frutto del lungo lavoro di Messiaen ed è la messa a prova delle tecniche che segneranno tutta la sua opera. La prima rappresentazione fu a fine febbraio del 1936, dunque non nel periodo natalizio, nella chiesa della Sainte-Trinité di Parigi. Il sottotitolo stesso indica la natura dell’opera: ‘nove meditazioni per organo’. Lasciarsi invadere dai colori e dalle vetrate gotiche, dalla sensazione di immobilità – grazie alle durate sempre dilatate di Messiaen, con una pulsazione spesso della semicroma – è la chiave per godere dell’universo sonoro creato dal grande maestro francese.