Uno sguardo sulle epidemie e sulle malattie nella vita di alcuni musicisti
di Felicita Pacini
UNA PAROLA PER MILLE MUSICHE
La parola di maggio: MUSICA IN PANDEMIA
Prossimo appuntamento: sabato 5 giugno
I musicisti, come tutti i loro contemporanei vissuti nei secoli scorsi, soffrirono di vari tipi di malattie, causate da epidemie o dovute alle conseguenze di uno stile di vita caratterizzato da scarse protezioni di tipo igienico. Alcune patologie, come ad esempio i deficit uditivi e visivi, di cui soffrirono alcuni di loro, oggi sarebbero facilmente curabili. Le notizie che abbiamo sul decorso delle malattie dei musicisti le ricaviamo da testimonianze dirette o da diagnosi scritte dai medici dell’epoca. Una particolare fonte di informazioni è costituita dalle maschere funerarie che ci possono far intuire le sofferenze vissute durante gli ultimi giorni di vita. Inoltriamoci ora in alcune vicende di celebri musicisti.
Franz Liszt veniva accusato di bere alcool e assumere sostanze stupefacenti prima delle sue performance musicali ma, ad un’analisi rigorosa della biografia, queste accuse risultano infondate, infatti continuò a comporre e a insegnare fino alla fine della sua vita con regolarità e serenità. Liszt può essere anzi ricordato per il rapporto che la sua musica intrattenne con la medicina, ebbe infatti modo di frequentare Marie Duplessis che ispirò ad Alexandre Dumas figlio la “Signora delle Camelie”, che nel romanzo prese il nome di Marguerite Gautier. Questa sarà la Violetta Valéry della “Traviata” di Giuseppe Verdi. Listz, nella fase terminale della malattia di Marie Duplessis, suonava per lei il pianoforte al fine di sostenerla e confortarla nelle sue ultime ore di vita – essa fu stroncata a soli 23 anni dal tifo (una tra le diffuse malattie contagiose). Intorno agli anni Trenta dell’Ottocento il nostro musicista si recava talvolta al manicomio e suonava per i pazienti. Si potrebbe considerare, a ragione, un precursore dell’attuale musicoterapia, ribaltando completamente quella visione tipica della storiografia romantica del musicista “maudit”.
Nell’Ottocento le città europee erano esposte a epidemie di colera e nel corso del secolo si verificarono otto epidemie mondiali di colera. Oggi le chiameremo pandemie. Un’ illustre vittima del mondo musicale ne fu Pëtr Il’ič Čajkovskij. L’1 novembre 1893 il grande musicista russo era a cena insieme ad alcuni amici nel ristorante Leiners a San Pietroburgo e si narra nella sua biografia, redatta da Alexander Poznansky, che chiese un bicchiere d’acqua e, nonostante il cameriere gli riferisse che non era disponibile acqua bollita, prescritta dalle autorità per prevenire il contagio, chiese un bicchiere d’acqua fredda che bevve completamente. Il compositore morì il sei novembre, a causa del colera, ad appena nove giorni dalla prima esecuzione del suo capolavoro, la Sesta sinfonia “Patetica”. Non sapremo mai con certezza se il gesto di bere l’acqua non bollita rappresentasse la volontà di sfidare consapevolmente il destino e la morte.
Nell’Europa dell’Ottocento Franz Schubert fu vittima a soli 32 anni di un’altra malattia endemica, la sifilide. Il grande musicista la contrasse probabilmente a causa di una vita solitaria e disordinata, causata da carattere timido e introverso che gli rendeva difficile la relazione con l’universo femminile. Nella sua vita ci fu anche il grande amore per Therese Grob, che non riuscì a sposare a causa delle sue precarie condizione economiche, per cui la giovane, obbedendo ai genitori, sposò un altro.
Nel XIX secolo l’ingerenza delle malattie contribuì anche a costruire, da parte del sistema musicale dell’epoca, il mito dell’artista. Non è così facile, perciò, distinguere tra mito e realtà riguardo la salute di famosi musicisti. Paganini ne è un tipico esempio, infatti la teoria secondo la quale il virtuosismo del grande violinista fosse dovuto ad una deformità fisica – ad un esame accurato – appare il frutto di ciarlataneria da parte di medici che desideravano suffragare le loro teorie, secondo le quali, la fisionomia era responsabile del genio musicale. Talvolta gli impresari favorivano la circolazione di queste notizie per creare un clima di sensazionalismo intorno ai musicisti di cui organizzavano i concerti.
Per quanto riguarda Chopin, egli soffriva realmente di una patologia, forse di tipo polmonare, fin dalla giovane età e che lo indebolì molto, specialmente negli ultimi dieci anni della sua vita. Questa malattia potrebbe spiegarci il motivo per cui Chopin rinunciò a una redditizia carriera concertistica, concentrandosi nell’attività compositiva.
Vi sono anche altri musicisti dell’epoca romantica che conclusero la loro vita a causa di gravi malattie. Beethoven, che soffrì indicibilmente e per tutta la vita per la sua sordità; morì per una grave insufficienza epatica. Per Mendelssohn fu fatale un’emorragia cerebrale, e così per la sorella Fanny, eccellente pianista: morirono a distanza di un solo anno l’uno dall’altra. Schumann concluse la sua vita a causa di una malattia psichica che gli studiosi difficilmente riescono ad individuare con esattezza, ma che si inserisce nel quadro di una personalità geniale, ma dai tratti talvolta ossessivi. Malattia esacerbata oltre che dal deterioramento organico ad essa associato, anche dalle condizioni che poco alla volta lo avulsero ed estraniarono dal mondo.
Edward Grieg morì il 4 settembre 1907. La sua malattia fu conseguenza di una grave patologia respiratoria contratta in gioventù, che causò il cedimento del polmone sinistro. Tuttavia non impedì a Grieg, grande appassionato di alpinismo, di continuare a compiere ascensioni. La sua vita fu colpita molto dolorosamente anche dalla perdita dell’unica figlia Alexandra, morta tragicamente a 13 anni.
Tornando indietro nel tempo incontriamo Mozart che, già cagionevole di salute, subì l’ultima malattia che in quindici giorni lo portò alla morte, forse causata da un’infezione renale, con probabile broncopolmonite. Mozart, sul suo letto di morte, si sforzò di completare il suo “Requiem”, consapevole della fine imminente. Narrano i testimoni che sforzandosi di gonfiare le guance imitava il suono dei corni per indicare agli astanti l’orchestrazione che desiderava. Morì alle 24:45 del 6 dicembre 1791.
Risalendo dal Classicismo al Barocco troviamo G. F. Haendel e J. S. Bach. In vecchiaia, ambedue soffrirono di malattie agli occhi ed ebbero in comune la sorte di essere operati da un certo cavalier Taylor, una specie di ciarlatano che rese completamente ciechi i due musicisti e ne accelerò, se non addirittura causò, la morte (avvenuta il 28 luglio 1750 per Bach e il 14 aprile 1759 per Haendel). Oltre alla malattia agli occhi, un altro aspetto accomunò i due pilastri della musica barocca: furono entrambi appassionati fumatori di pipa. Molto probabilmente il fumo danneggiò la loro salute. Ciò nonostante, Bach compose anche una poesia per decantare i piaceri del fumo che fu pubblicata nel 1725 nel secondo volume del “Klavierbüchlein” per Anna Magdalena Bach con il titolo di “Pensieri edificanti di un fumatore di tabacco”:
“Come me, questa pipa che brucia così fragrante
È fatta di nulla tranne terra e argilla
Alla terra anch’io tornerò.
Cade e prima che abbia il tempo di pensare
Si spezza in due davanti ai miei occhi
In serbo per me c’è un destino simile.
Sulla terra, per mare, a casa, all’estero
Fumo la mia pipa e adoro Dio” (da J. O’Shea, Musica e medicina, EDT, 1991).
Articolo di Felicita Pacini
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