UNA PAROLA PER MILLE MUSICHE

La parola di giugno: VIAGGIO

Prossimo appuntamento: sabato 3 luglio

Fin dai tempi del classico Grand Tour, che risalgono alla fine del Seicento e arrivano sino al primo Ottocento, il Belpaese è stato una tappa obbligatoria per chiunque volesse intraprendere un viaggio di formazione in Europa. Così è stato anche per molti musicisti che hanno percorso la Penisola in lungo e largo, ammirandone l’arte, godendo delle sue variegate bellezze paesaggistiche, apprezzandone il clima mediterraneo e scoprendone le varie tradizioni locali. 

Nel 1831 Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) partì da Amburgo per andare a visitare l’Italia su esortazione del grande vate Johann Wolfgang von Goethe (1742-1832) che vi era stato oltre quarant’anni prima, e ne aveva celebrato le impressioni nel suo Viaggio in Italia.  Il soggiorno italiano di Mendelssohn si svolse tra l’autunno del 1831 e l’estate dell’anno seguente consentendogli di vistare, tra l’altro, Venezia, Firenze poi Roma e Napoli. Di questo viaggio ci sono rimaste numerose lettere nelle quali l’autore condivide le sue impressioni con i familiari e alcuni amici. Riporto, di seguito, le parole stesse di un Mendelssohn ventunenne che si rivolge con deferenza a sua «eccellenza» Goethe in una lettera del 5 marzo 1831: 

 

Non riesco a descrivere l’impressione che questo paese celestiale ha suscitato in me fin dal primo momento. Mi avevano parlato del sorprendente e straordinario effetto che l’Italia produce e questo me l’aspettavo, ma quando superai la monotona e deserta fila di rocce che formano il confine dopo Klagenfurt e Villach e scesi per la prima volta nella pianura lombarda dove il sole tornò ad essere caldo e tutto nella natura era così ricco e pieno, cominciai a sentirmi così bene e talmente a mio agio come se qui mi trovassi a casa mia (Felix Mendelssohn-Bartholdy. Lettere dall’Italia, a cura di Raoul Meloncelli, La Torre d’Avorio, Fògola, Torino, 1983, p. 17). 

 

Fu la città di Roma che ispirò più intensamente la creatività musicale del giovane compositore che qui ebbe modo di terminare l’ouverture de Le Ebridi (op. 26), di iniziare la prima stesura di una ballata di Goethe dal titolo La prima notte di Valpurga (op. 60) e di dedicarsi alla composizione della sinfonia n. 4 op. 90 detta, appunto, “Italiana”.     

Il “romanticismo felice”, come fu ben definito quello di Mendelssohn, trova una delle sue più perfette espressioni in quest’ultima composizione. Tale sinfonia è un omaggio all’Italia, alla forma classica, e indirettamente alla grande arte di J.S. Bach. Il carattere ‘italiano’ della composizione andrà rintracciato nella sua spumeggiante freschezza, nella cantabilità davvero mediterranea di molti temi, nella luminosità della magistrale strumentazione. La cornice formale è quella classica, in quattro movimenti con ordinati ritornelli e riprese, che nella snellezza delle proporzioni sembrano guardare soprattutto ai modelli haydniani e mozartiani. Ma in molti punti traspare anche il grande amore che Mendelssohn nutriva per Bach: emblematico è in tal senso l’Andante con moto, dove i contrappunti dei flauti al tema principale e soprattutto il movimento dei bassi sembrano realmente rievocare lo spirito barocco. Il carattere della sinfonia si rivela subito nello slancio e nella spontaneità dell’Allegro iniziale, che si apre con un attacco risoluto e giovanile enunciato rispettivamente dagli archi e dagli strumenti a fiato. LAndante con moto si basa su un canto popolare boemo di nostalgica malinconia che il critico musicale Camille Bellaigue, tra fine Ottocento e inizio Novecento, definì come «un richiamo del genio della Germania, che viene qui a cogliere e a strappare il giovane musicista tedesco da impressioni troppo italiane». La serenità ritorna nel terzo tempo con l’originale motivo del Trio dove risuonano corni e fagotti sotto un leggero disegno di violini e flauti: sembra un’antica scena di caccia nella campagna romana. Come finale, l’esplosione di vitalità ritmica del celebre Saltarello, il tempo più caratteristico ed emblematico di tutta la sinfonia, tale da riassumere e giustificare il significato del titolo. Si tratta di una libera rievocazione della popolare danza romana ed autentico banco di prova per il virtuosismo di orchestre e direttori per il turbinio di terzine degli archi e gli spericolati passaggi in staccato dei legni: tutto il brano è un’apoteosi del ritmo!

Goethe in viaggio in Italia

Nell’Accademia di Francia a Roma, ov’era ospite, Mendelssohn si incontra anche con altri visitatori francesi, tra cui Hector Berlioz. Il giovane musicista amburghese non apprezzava molto il genio francese e in una lettera confidava alla madre che secondo lui: «Berlioz è contorto, senza una scintilla di talento; brancola nel buio, crede di essere il creatore di un nuovo mondo, e invece scrive cose orribili» (Ivi, p. 171). Afferma comunque di “voler passeggiare volentieri con lui perché è una persona piacevole e garbata” con il quale aveva almeno in comune l’entusiasmo per Christoph W. Gluck.

Hector Berlioz (1803-1869) soggiornava dunque a Roma, nello stesso periodo di Mendelssohn, grazie alla vincita della borsa di studio “Grand Prix de Rome”.  Il suo carattere inquieto e tormentato, le frequenti delusioni d’amore, lo spingevano a preferire alla città eterna, di cui comunque apprezzava la magnificenza, l’esplorazione della campagna romana fino ad arrivare in Abruzzo. Si spostava da un borgo all’altro del Lazio (Alatri, Subiaco, Civitella, San Germano, Arce), camminava tra le campagne e si intratteneva con altri ‘artisti di strada’ o con ‘mezzi banditi’ e si univa alle compagnie tipiche delle osterie, tra canti popolari, danze, suoni di zampogne e serenate. Il fascino di questa Italia agreste che rende «la libertà di dimenticare il tempo, disprezzare l’ambizione, di ridere della gloria, di non credere più all’amore» (Hector Berlioz, Viaggio musicale in Italia, cap. 5) rimarrà impressa nei ricordi del musicista durante l’elaborazione delle sue composizioni. 

La sinfonia con viola solista (op. 16) Aroldo in Italia è ispirata proprio ai pellegrinaggi di Berlioz negli Abruzzi. Si tratta di una musica a programma – originariamente scritta su richiesta di Paganini e ispirata al poema Childe Harold’s pilgrimage di Lord Byron – il cui protagonista, malinconico e sognatore, è rappresentato dalla viola solista. Nel primo movimento, Adagio-Allegro, Aroldo-viola è tra le montagne e, immerso tra i suoi pensieri, partecipa della bellezza circostante. La seconda parte, Allegretto, intitolata Marcia dei pellegrini che cantano la preghiera serale ci mostra Aroldo che si commuove e unisce il suo canto a quello dei pellegrini. Segue la serenata di un montanaro abruzzese alla sua amata e qui Aroldo si unisce al canto degli amici del montanaro. Il poema si conclude con un’orgia di briganti in un Allegro frenetico che riprende alcuni temi dei brani precedenti. In questa sinfonia emerge la particolarità della musica a programma per la quale Berlioz trova diretta ispirazione attraverso la propria esperienza di vita: è lui stesso, infatti, che si rispecchia nell’inquietudine malinconica di Aroldo.

Villa in cui dimorò e operò Ciajcovskij in via San Leonardo a Firenze

Sempre in Italia ma qualche decennio dopo, il 20 novembre 1878, Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893) arrivava alla stazione fiorentina di s. Maria Novella accolto dal violinista Pakhulski che aveva il compito di condurlo in una villa sul viale dei Colli all’angolo con via San Leonardo. La sua nobile mecenate Nadeszda von Meck si era stabilita nella Villa Oppenheim (attuale Villa Cora) a Firenze, sempre sul viale dei Colli, insieme alla sua numerosa servitù e i suoi figli, il cui maestro di pianoforte era addirittura il giovane Claude Debussy. La nobile russa aveva invitato il suo compatriota a soggiornare in quella villa offerta da lei al fine di potersi dedicare in completa tranquillità alla composizione, con il solo patto di non incontrarsi mai di persona. In un suo scritto Cajkovskij scrive riguardo alla sua residenza fiorentina: «[…] una veduta incantevole si mostra dalla finestra e un silenzio perfetto mi circonda. Per arrivare in centro vi è una mezz’ora di cammino. Mentre giungevo qua mi preoccupava assai l’idea che Nadeszda abitasse talmente vicino a me che imbattervicisi sarebbe stato inevitabile» (Leonardo Previero, Ciajkovskij a Firenze, scramasax ed., Firenze, 2006, p. 25). Al momento dell’entrata di Cajkovskij nella sua residenza, Nadeszda gli farà trovare un biglietto in cui, tra l’altro, vi era scritto:

 

mio caro, adorato ineguagliabile amico: benvenuto a Firenze! mio Dio, come sono felice, che delizia grande è la mia nel sapere che Ella è vicina; conoscere le sale che adesso occupa, pensare che vede lo stesso panorama che io vedo, che esalo la stessa atmosfera che io esalo. È una gioia inenarrabile. e poi come desideravo che la villa che avevo fissato per lei le piacesse

 

Ma l’incontro fortuito con Nadeszda avvenne una volta, lungo il viale dei Colli e di questo evento Cajkovskij le scriverà «si è trattato di una situazione nuova per me, avvezzo a rimirarla soltanto con gli occhi dell’anima. Mi risulta assai arduo immaginare che la mia gentile e invisibile fata possa di colpo, anche solo per poco, prendere forma. Ne ho provata una qual sorta di incanto» (Ivi, p. 35). Nel contesto di questo particolare soggiorno fiorentino, il musicista russo trarrà ispirazione per alcune delle sue opere, quali le opere liriche La dama di picche e La pulzella d’Orleans. e, a distanza di anni, Cajkovskij compose un sestetto per archi, due violini, due viole e due violoncelli, come il suo Souvenir de Florence op. 70.

Fin dall’inizio della composizione la melodia è tipicamente cajkovskijana, nell’Adagio cantabile il primo violino e il primo violoncello suonano come in duetto accompagnati dal pizzicato degli altri archi. L’Allegretto può ricordare alcune danze dal carattere più esotico dello Schiaccianoci e l’ultimo movimento, scritto nello stile russo, è ricco di diversi episodi musicali.

Il nostro viaggio musicale si conclude qui e a me non resta che invitare anche voi a scoprire il vasto patrimonio culturale del nostro Belpaese.  

Articolo di Felicita Pacini

#1parolax1000musiche

I nostri consigli di ascolto a portata di un click

Su Youtube

 

 

 

 

 

La cultura vive grazie a te: fai una donazione per sostenere il nostro lavoro.

Dona qui
ti è piaciuto l'articolo?

Iscriviti alla newsletter per continuare a seguirci